27/01/10

una vecchia foto

L'ambiente è confortevole anche se non ricercato ... La stanza da pranzo dei nonni, a Palazzo Fischetti. A quel tempo c'era del resto una semplicità che si è andata poi perdendo ... Ecco il nonno che con attenzione ascolta la radio, (pochi anni ancora ed avremmo avuto la televisione), sempre distinto anche in un momento di assoluto relax; la nonna con la sua aria precisa e puntigliosa che rammenda, cosa consueta a quei tempi, anzi insopprimibile; mia sorella che non si capisce se ascolta anche lei la radio o vaghi nei suoi pensieri e ... ed io, già, eccomi ... di me si vede ben poco, dall'altezza potrò avere un tre o quattro anni, si vedono gli occhi e tanto basta ... Guardo in modo diretto ed attento chi fotografa, mio padre? e quell'aria consapevole, unica presente nella stanza a quel che accade, seppur così piccola, credo già mi racconti un pò ... Anche la mamma, quando ero piccola, rammendava sempre e mi piaceva guardarla al lavoro. Le calze, com'era brava ... Faceva un reticolo ordinato usando l'uovo di legno con gesti lenti e misurati. A poco poco il buco scompariva quasi per magia. Io ho imparato guardandola ma il mio lavoro è tutta un'altra cosa! Vado per le spicce ed il risultato è, diciamola tutta, decisamente raffazzonato, niente a che vedere con la sua tranquilla meticolosità ...

La giornata della memoria


La giornata della memoria per me è pesantissima! Non mi viene facile pensare a quell'orrore e rifuggo dai film che lo narrano. Non so se è normale ma i documentari mi fan meno male. Forse perchè non raccontano i sentimenti ma i fatti, nudi e crudi, senza altro. Magari son scene che abbiamo già visto, non c'è audio. Non ci sono primi piani e l'immaginazione è bloccata. Il caso personale, una sola storia vissuta fa più male, i numeri sono astratti. Cento, mille, diecimila, un milione, non cambia molto! Cambia, certo, ma la percezione è difficile.
Tornando a casa accendo la radio. Una voce leggeva, neanche tanto bene ... Mi son bastate poche parole "ho detto che ero parrucchiere e mi diedero da tagliare i capelli alle donne, al mio amico che aveva detto di essere dentista per salvarsi gli diedero da tirare i denti d'oro ai cadaveri" ed io ho spento. M'è bastato! Dava esattamente quanto tutto fosse organizzato e disumanizzato. L'assoluta agghiacciata indifferenza per tanto dolore.

Così a pranzo mi stava per andare di traverso il mandarino, davanti alla televisione, mi si era chiusa la gola. C'era un bel film. Di cui dovevo aver letto.Fuga da Sobibor. Un fatto vero. Ma io appena ho potuto me ne sono andata nell'altra stanza. Fil non capisce, le cose bisogna saperle, pontifica. Non immagina quanto ci possa star male. Mi si stringe il cuore, mi si stringe lo stomaco ...  Quando ho capito che la parte peggiore era passata, cioè la descrizione della vita del campo, con le sue atrocità, e sevizie, e quant'altro, sono ritornata. Così ho visto solo il finale con la fuga. Una scena quasi liberatoria nonostante gli spari e le esplosioni e le inevitabili morti. La cosa bella di questa storia è questo? semplicemente la riuscita della fuga? No, la cosa splendida è come il tentativo coinvolga tutti, come tutti condividevano l'orrore. E così eccoli correre, in massa.
Ed è bellissima la scelta della regia nel finale. M'ha fatto venire i brividi. In questa corsa disperata ed affannosa alla fine si inquadrano uno ad uno i protagonisti.La macchina stringe, la sua corsa, il suo volto, i suoi occhi. Sì gli occhi. Ognuno una PERSONA, una persona diversa, una persona vera. E la voce fuori campo ci dice il nome, come gli è andata a finire, che vive quì o lì, non importa, che ha due o tre figli, che si è sposato con lei, che ha vissuto, che è morto poi stupidamente, che ha continuato a combattere,  la sua di vita, unica, la sua di storia, unica , una persona unica, un uomo. Uno.

14/01/10

il più piccolo fiore per lei è meraviglia ....




Mia mamma in una foto di pochi anni fa e che un pò racconta il suo cuore sensibile ... A lei che ha attraversato la vita in punta di piedi preoccupata di non dare disturbo. A lei che non ho mai visto lamentare. A lei che fino all'ultimo ha detto grazie per ogni più piccolo gesto ricevuto.
A lei così forte, così tenera ...