27/01/10

La giornata della memoria


La giornata della memoria per me è pesantissima! Non mi viene facile pensare a quell'orrore e rifuggo dai film che lo narrano. Non so se è normale ma i documentari mi fan meno male. Forse perchè non raccontano i sentimenti ma i fatti, nudi e crudi, senza altro. Magari son scene che abbiamo già visto, non c'è audio. Non ci sono primi piani e l'immaginazione è bloccata. Il caso personale, una sola storia vissuta fa più male, i numeri sono astratti. Cento, mille, diecimila, un milione, non cambia molto! Cambia, certo, ma la percezione è difficile.
Tornando a casa accendo la radio. Una voce leggeva, neanche tanto bene ... Mi son bastate poche parole "ho detto che ero parrucchiere e mi diedero da tagliare i capelli alle donne, al mio amico che aveva detto di essere dentista per salvarsi gli diedero da tirare i denti d'oro ai cadaveri" ed io ho spento. M'è bastato! Dava esattamente quanto tutto fosse organizzato e disumanizzato. L'assoluta agghiacciata indifferenza per tanto dolore.

Così a pranzo mi stava per andare di traverso il mandarino, davanti alla televisione, mi si era chiusa la gola. C'era un bel film. Di cui dovevo aver letto.Fuga da Sobibor. Un fatto vero. Ma io appena ho potuto me ne sono andata nell'altra stanza. Fil non capisce, le cose bisogna saperle, pontifica. Non immagina quanto ci possa star male. Mi si stringe il cuore, mi si stringe lo stomaco ...  Quando ho capito che la parte peggiore era passata, cioè la descrizione della vita del campo, con le sue atrocità, e sevizie, e quant'altro, sono ritornata. Così ho visto solo il finale con la fuga. Una scena quasi liberatoria nonostante gli spari e le esplosioni e le inevitabili morti. La cosa bella di questa storia è questo? semplicemente la riuscita della fuga? No, la cosa splendida è come il tentativo coinvolga tutti, come tutti condividevano l'orrore. E così eccoli correre, in massa.
Ed è bellissima la scelta della regia nel finale. M'ha fatto venire i brividi. In questa corsa disperata ed affannosa alla fine si inquadrano uno ad uno i protagonisti.La macchina stringe, la sua corsa, il suo volto, i suoi occhi. Sì gli occhi. Ognuno una PERSONA, una persona diversa, una persona vera. E la voce fuori campo ci dice il nome, come gli è andata a finire, che vive quì o lì, non importa, che ha due o tre figli, che si è sposato con lei, che ha vissuto, che è morto poi stupidamente, che ha continuato a combattere,  la sua di vita, unica, la sua di storia, unica , una persona unica, un uomo. Uno.

2 commenti:

maria stella ha detto...

Anch'io sono un po' così. Sono stata in Polonia ma non sono riuscita ad andare a Auschwitz. Non voglio chiudere gli occhi ma sto davvero male. Mi chiedo sempre cosa avrei fatto se fosse capitato ai miei vicini di casa, ai miei alunni. Avrei anch'io fatto finta di niente? Avrei rischiato la mia sicurezza o quella della mia famiglia?

Pupanna ha detto...

difficile saperlo in astratto, bisogna viverle le cose. Immaginiamo una reazione che poi alla resa dei conti non è scontata ...
Non ci avevo pensato a quel che dici, penso che l'stinto più forte però è non farsi coinvolgere!
Mia mamma raccontava ogni tanto della sua più cara amica, Grinstein se non sbaglio, che ad un certo momento era emigrata con la famiglia, ma non ho mai approfondito ...